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Chè terribile è il padre ad affrontarsi.
Ben io mi so come ti fui campione
Altra fiata. A un piè diemmi di piglio
725E lungi dal divino atrio m’avventa:
Per le nuvole giù precipitando,
Intero un dì all’äer m’aggirai;
Al Sol fuggente in Lenno caddi, appena
Su labbri estremi anelavami l’anima,
730E fui raccolto dalle Sintie genti,
Ospiti umani al misero caduto. —
Così narrava il fabbro. Sorridendo
A lui le braccia candide sporgea
Giuno, e accoglieva di sue man la tazza.
735Egli da destra procedendo in volta
Dall’anfora versava onde fragranti
Di nèttare, ed a’ Numi iva mescendo.
D’immenso riso giubilò l’Olimpo
Quando coppiero per l’eteree sale
740Vider gli Dei Vulcano a raffrettarsi.
Così quanto rifulse aurea la luce
Gían banchettando; nè d’ambrosia copia
Ne delle Muse vi mancâr le belle
Voci, alternanti l’armonia del canto,
745E non la lira splendida di Febo.
Ma come l’etra balenò de’ rai
Declinanti del Sol, tutti gli Eterni
Rigiunsero agli alberghi a ricorcarsi