E le mirava; e a te, diletta madre,
Ver l’immenso oceàn tendea le palme, 425Te divina invocando: a presta morte,
Madre, mi partoristi; e così forse,
Così di gloria la mia vita breve
Consolerà il Tonante? Ahi nè più speme,
Nè più speme d’onor, poichè l’impero 430D’Agamennone mi rapì la spoglia;
E la si tiene! — E sì parlando i flutti
Guardava irati, e gran pianto versava.
La veneranda genitrice, assisa
Ne’ profondi del mar presso l’antiquo 435Padre, l’udiva. A immagine di nebbia
Diè fuor dell’acque, e gli si fa dinanzi,
E con le dita nivee l’accarezza,
E gli parla e lo noma: A che con tante
Lacrime tu mi chiami? Ed in che lutto 440Ti geme il cor? Deh! non celarmi, o figlio,
Il tuo dolore ond’io teco ne pianga.
Grave gemendo le rispose: Il sai,
Tu Diva; a che ridirlo? Diroccata
Tebe, sacra città d’Eézïone, 445Qui traemmo le spoglie, e tuttequante
Noi dividemmo gioventù guerriera.
E d’egregio sembiante una fanciulla
Fu per Atride eletta. Afflitto Crise,
Alla vergine padre, e sacerdote 450Dell’arciero immortal, venne agli Achei