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Precipitò, lasciandoli alla fame
5De’ cani e strazio de’ predanti augelli:
Così il consiglio s’adempia di Giove
Da quando arse il furor che fe’ discordi
Il re de’ forti Atride, e il divo Achille.
Il Qual Dio gli indusse a tanta lite? il figlio
10Di Latona e di Giove. Irato al rege
Suscitò nell’esercito una lue
Sterminatrice e ne perian le genti
Da che il supremo Agamennone avea
D’oltraggi afflitto il sacerdote Crise.
15Venia Crise alle greche agili navi

    quasi interamente rifatto. — Quanto alla versione del Canto III noi vi ricorderemo quello che fu premesso al canto medesimo nell’Antologia di Firenze sino dall’ottobre del 1821, vale a dire, che si ravvisa in questo nuovo saggio un gran cambiamento di stile, e una nuova ragione di tradurre, che il metodo assegna con cui dovea tutta l’opera esser condotta. E noi siamo dolenti di non avere potuto, malgrado le più accurate ricerche, riuscire di ottenere almeno il secondo Canto onde rendere ad un tempo contento il desiderio vostro, cortesi lettori, e riempiuto il voto che il primo saggio divide dal terzo. Ad ogni modo nel giudicare che voi farete del merito di questa versione da quel poco che a noi è dato offerirvi, non potrete certo dubitare dell’originalità del modo che in essa è tenuto, e pel quale, malgrado il contrario parere di un illustrex 1, è ragionevole l’applicazione di quel verso,
         «Fia che l’invidii più che chi lo imiti

    1. Vedi nel tom. v, delle opere inedite e rare. Edizione di Milano, la lett. ad Urb. Lampredi p. 274.