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VERSIONE

DEL

CANTO PRIMO1.


L’ira, o Dea, canta del Pelide Achille
Funesta, che agli Achei diè tanti affanni,
E tante forti a Pluto alme d’eroi


  1. Vari sono stati i giudicii pronunciati dai dotti sul merito del primo e secondo saggio omerico dati dall’autore in diversi tempi. Da alcuni venne egli tacciato di non sentire Omero, e da altri di avere sacrificata pel soverchio studio di energia e di concisione la lucidezza e la leggiadria. Rispetto al primo canto vi riuscirà caro per avventura, cortesi lettori, il voto datone dal chiarissimo Ippolito Pindemonte in una lettera al nuovo traduttore indirizzata sino dal maggio 1807, nella quale istituendo un giudiziosissimo parallelo tra la versione del Foscolo e quella del Monti così si esprime — Leggo e rileggo i versi e la prosa, e sempre più ammiro l’ingegno vostro in così difficile impresa. Il tradurre in tal modo è uno scolpire in porfido: l’opera vostra potrebbe a canto al marmo Pario di Monti dilettar meno il più de’ lettori; ma sarà forse ammirata più dagli Intelligenti. Gli altri traduttori osservano più o meno in faccia il Signor dell’altissimo canto, ma voi gli andate dentro alle viscere. — Questo giudizio è oggi a maggior diritto applicabile alla versione di questo canto da che noi lo stampiamo