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ti, e del sentimento degl’ingegni educati. Ad agevolare il confronto stampo la traduzione letterale del Cesarotti1, postillando i passi ch’io per varietà di lezione o di congetture spiego altramente: le interpretazioni latine sono assai volte inesatte, noiose alla lettura, nè facili a tutti; e i grecisti che volessero giovarmi abbondano di testi. L’esame ch’io fo de’ traduttori, che soli fra tanti, o per necessità di versione o per favore di scuole, evitarono l’obblio, giustificherà, spero, l’impresa: continuando, non li nominerò più, che ad ogni modo le altrui colpe non mi sarebbero merito: Ma da quelle versioni, e da’ retori e rimatori di quell’età, parmi che senza l’Ossian del Cesarotti, il Giorno del Parini, l’Alfieri e Vincenzo Monti, la magnificenza della nostra poesia giacerebbe ancora sepolta con le ceneri di Torquato Tasso. Da indi in qua un secolo la inorpellò, e l’altro la immiserì: nè mancarono ingegni: ma le corti, le cattedre de’ regolari, e le accademie prevalevano: quindi molti i valenti, rarissimi i grandi. Forse l’Ossian farà dar nello strano, il Parini nel leccato, l’Alfieri nel secco, il Monti

  1. Noi l’omettiamo perchè ci siamo prefissi di dare quanto a Foscolo solo appartiene.