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a quei fatti? Come astraerle e preservarle se non con un segno stabile ed arrendevole alle astrazioni? E qual altro segno se non la parola? Tesoro di suoni, di colori e di combinazioni, per cui l’intelletto, dopo d’avere percepite e denotate le forme sensibili delle cose, può congetturarne e concepirne le più recondite, e denominarle e scomporle in minime parti, e considerarle in tutti i loro accidenti, e ricomporle nell’armonia che dianzi non intendeva: onde spesso ne vede le cause e talvolta lo scopo, e resta men attonito e più convinto dell’arcana ragione dell’universo: dell’incomprensibile universo, dell’esistenza di cui mancherebbe perfino la semplice idea, se come l’uomo non può comprenderlo, così non potesse nemmen nominarlo.

V. Or questo bisogno di comunicare il pensiero è inerente alla natura dell’uomo, animale essenzialmente usurpatore, essenzialmente sociale: però ch’ei tende progressivamente ad arrogarsi e quanto gli giova e quanto potrebbe giovargli; all’uso presente aggiunge l’uso futuro e perpetuo, quindi la proprietà e la disuguaglianza: nè vi poteva a principio essere proprietà perpetua di cose utili agli altri, senza usurpazione; nè progresso d’usurpazione,