rismo ch’ei non si può dir cosa nuova, e quindi dar merito ad altrui del po’ di buono che tu ci trovassi. Il buono sta nel vero, e del vero vi fu sempre bisogno; onde è impossibile che tanti di più studio e cervello non l’abbiano già cercato e mostrato. Ma la novità viene dal desiderio di persuadersi del vero, senza stare su l’altrui detto; dal cercarlo negli affetti e pensieri che ti eccita la natura, non ne’sistemi della filosofia e delle sette; dall’applicarlo alle azioni vive degli uomini, non alle parole dei loro libri; dal rischiararlo e convalidarlo con l’esperienza, e le massime de’ grandi intelletti; ma non già dal dimostrarlo con esse non mettendoci di tuo, che il titolo, lo scompartimento e le frasi dell’opera; dall’esporlo con tutto il caldo ch’ei portò e prese dentro il tuo cuore e con quanta evidenza ti si ordinò nella mente; dal palesarlo quando è necessario e a chi deve saperlo, e a chi, dovendo, non vuole ascoltarlo, acciocchè se il danno rimane a tutti, a te non resti il rimorso, ma ricada su gli ostinati l’infamia. Questa è tutta novità d’ingegno, e di modo, e di tempo, ed io me la aggiudico tutta, finchè altri provi, o ch’io non ho detto il vero, o ch’io l’ho più ridetto che ripensato, o che non importa che i maestri di lettere mutino modo. Intanto, lettore, abbimi per amico.