gno straordinario salì tant’alto nelle scienze, vinto dall’orrore sacro della religione s’immerse nelle dottrine teologiche ove nè calcolo, nè ragione umana possono più affidarci e guidarci. Commentò l’Apocalisse, e il mondo gli perdonò il ridicolo, rispettando anche la debolezza di quel sommo capo. Ma Newton anche negli ultimi anni vagando di superstizione in superstizione, s’atterri del sepolcro, e girava per le strade da morto in una carrozza ov’erano dipinte le ossa ed il teschio della morte. Nè la somma opulenza acquistata coll’onestà, nè la gloria immortale frutto del suo ingegno valsero a farlo felice, dacchè gli mancò la costanza ne’suoi principii. Tale è la diversità de’dolori e de’pericoli che essendo annessi all’arte nostra, naturalmente non possono se non eccitarci allo studio e alla passione dell’arte, dolori che noi perpetuamente ci andiamo procacciando assoggettandoci alla falsa opinione del mondo. Cantiamo dunque con Pindaro: fu già un tempo che un vile interesse non contaminava la poesia: ma quanti oggi sono abbagliati dallo splendore dell’oro: ingrandiscono i loro poderi si che l’aquila giri a fatica col suo volo intorno ad essi per l’intiero corso di un sole. — ∞ Ma non potranno dire al pari di me: le mie parole non