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sione del Tasso, lo rivolse all’arte sua, e con questo mezzo trovò sfogo e compenso a quella passione, ed eccitò negli uomini presenti e futuri, que’dolci ed ardenti affetti che gli viveano nel cuore. L’Ariosto vissuto anch’egli in tempi ingiustissimi ed in una corte sì maligna da vedersi trattare d’inezie e da fole il suo libro da uno de’ suoi principi, non amò tanto la ricchezza e l’applauso da trascurare la soddisfazione dell’animo ch’egli riponeva nella indipendenza delle sue opinioni e dell’arte sua: onde quando il Cardinale promettendogli maggiori emolumenti e lo splendore della corte, egli negò di seguirlo, dicendo che i primi emolumenti erano quelli dell’animo, e ch’egli dovea mantenersi libero nell’arte sua da cui solo sperava onore, e si professa di restituire anche quel poco che gli dava il principe se con questo poco che lo salvava dalla povertà si credeva di tenerlo in servitù.
Se avermi dato onde ogni quattro mesi
Ho venticinque scudi, nè si fermi,
Che molte volte non mi sian contesi,
Mi debbe incatenar, schiavo tenermi;
Obbligarmi ch’io sudi, e tremi senza
Rispetto alcun; ch’io muoia, o ch’io m’infermi
Non gli lasciate aver questa credenza: