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cuore, nè la propria famiglia. Negligenza fatale che la Dea sventura puni sul più splendido dei troni. Egli vide perire sul fior degli anni il suo nipote, il suo figlio adottivo, il suo genero: il suo nipote dal lato di figlia mangiò la lana del suo letto ov’ei giaceva in catene per prolungare alcune ore d’una misera vita: la sua figlia e la sua nipote dopo averlo coperto d’oscenissima macchia, morirono l’una di miseria e di fame in un’isola deserta, l’altra in carcere per mano di uno sgherro.Egli stesso infine, Augusto, videsi ultimo avanzo di una grande e sterminata famiglia; avanzo cadente, decrepito, abbandonato da tutti i suoi cari; e la moglie che gli restava non gli restò che per costringerlo nell’ora dell’agonia a lasciare un mostro per suo successore nell’imperio del mondo. Terribile Divinità dun que è la sveatura per gli uomini che alle sue prime lezioni non vogliono profittarne, e che non s’ammaestrano per mezzo dell’esperienza che i casi di tutti gli uomini e delle terrene vicende somministrano alla nostra ragione. Onde con profonda e santa filosofia cantò un poeta che la sventura è la figliuola primogenita di Giove, mandata su la terra ad istituire con dolcissimi affanni la virtù, e a punire inesora-