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è del tutto inutile impresa. Infatti Plutarco stesso aggiunge che Cinea con la sua filosofia diede piuttosto molestia ed afflizione a Pirro di quello che lo distogliesse dal suo proposito; tuttochè del resto Cinea fosse ed amico caro e familiarissimo di quel re, e il più reputato tra suoi consilieri, e dotato di tanta facondia che Pirro confessava che più città gli avea esso Cinea conquistate con la eloquenza, che egli medesimo con gli eserciti. Ma l’eloquenza non vale contro la natura; bensì l’unico mezzo sarà il secondarla; restiamo sempre fissi nell’idea che ogni uomo ha passioni sue proprie, che o non soddisfacendole mai, o soddisfacendole sino alla sazietà, distruggerebbe l’elemento che la natura gli ha dato quasi per elemento della sua vita.

Parvemi necessario di risalire e di svolgere come feci questo principio onde si veda, che quantunque la ricchezza e la gloria non giovino alla felicità dei letterati, non però si distruggono le lettere nè si ritirano da esse gli ingegni. Bensì s’ha da vedere come tolta la speranza d’esser felici per mezzo delle lettere cercando ricchezze e ambizione, si possa giungere colle lettere stesse all’intento della felicità, che è pur l’unico ed universale e perpetuo sospiro degli uomini. Quel principio, o giovani,