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XXXV

Petrarca e Boccaccio; ne’ quali appare molta dirittura di mente e di critica, e tali che chi vorrà in appresso scrivere intorno ai primi fondatori della nostra favella ed alle opere loro, gran materia e gran lume potrà derivare da quelle scritture.

Nè taceremo di altri poetici lavori che aveva il Foscolo divisato di scrivere in vari tempi sotto il nome di Inni: tra questi è notabile l’Alceo, in cui liricamente esponeva la storia filosofica e politica della letteratura italiana dalla caduta dell’impero d’Oriente a’ dì nostri; quello intitolato l’Oceano in cui proponevasi di presentare in una serie di pitture il sistema del globo terraqueo, e le vicissitudini delle nazioni prodotte dalla navigazione e dal commercio; quello Alla Dea Sventura, che riguardardava, per dirlo colle parole stesse del Foscolo, l’utilità dell’avversa fortuna, e la celeste virtù della compassione, unica virtù disinteressata nei petti mortali; e quello intitolato a Pindaro che trattava della divinità della poesia lirica e delle virtù e de’ vizi de’ poeti che la maneggiarono; e finalmente il Carme alle Grazie unico di tutti questi che ci sia rimasto in parte e che avendo per oggetto le arti belle, fu perciò diretto al Canova. E in vero che questo poeta sappia sacrificare anche alle grazie, ne sono prova,