guisti se non giungono a far impazzire gli scrittori come fecero del Tasso, giungono talvolta a sconfortarli, massime nella prima gioventù, o a tormentare l’ingegno nelle prime scuole, le quali generalmente in Italia sono occupate da siffatti maestri. Inoltre l’Italia tutta si risente in fatto di fama letteraria d’un vizio antichissimo ch’ebbe origine e crebbe e contaminò e appestò, e poco meno che uccise (se minore fosse stato il vigore del genio Italiano) tutta la nostra letteratura, con le cattedre de’scolastici e con le istituzioni de’collegi. I discepoli infatti sì delle scuole che de’ collegi non uscivano atti che a gustare il Petrarca ed il Boccaccio, a conoscere ed applicare i precetti d’Orazio e le regole grammaticali del Bembo, e frutto sommo di questa istruzione erano poi i canzonieri e i poemetti e le tragediucce che empivano tutta Italia, scritte da signorotti e dedicate a signorotti: quindi gli elogi accademici, quindi l’esaltazione che i maestri guerci facevano agli alunni ciechi, e gli alunni a’ maestri; quindi la compiacenza di questi miseri applausi; che non potea più fomentare gl’ingegni ad aspirare con più veglie e sudori ad una gloria più estesa. La nazione tenuta nell’ignoranza non potea giudicare; e i maestri e gli alunni adulandosi scam-