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ni. Ma quanto, o giovani, non è più espediente e più dolce la speranza dell’immortalità dell’anima, anzichè quella dell’immortalità del nome! Però che l’uomo che si conforta ai premi d’un’altra vita, e che nel suo modo di giudicare sa che egli lascia tutte le proprie lagrime, e tutte le umane infermità alla terra, è in ciò affidato dalla idea della sapienza, della clemenza e dell’onnipotenza d’Iddio; idea che converte la speranza, in certezza, che libera la fantasia dal timore dell’umana ingiustizia e della instabilità della sorte, e lo colloca in luogo ove nè lo scettro della forza, nè le lusinghe della frode hanno più alcuna possanza. Inoltre chiunque aspira alla celebrità, e per lei spende affanni e sudori, dopo d’essersi accertato che non può lusingarsi d’ottenerla com’ei merita mentre vive, qual mai nutrirà certezza di conseguirla dopo la morte? La gloria che il giudicio degli uomini gli contese in vita, è pur sempre in balia di questo stesso giudizio; la letteratura è pure soggetta se non nella sua sostanza almeno nelle sue infinite apparenze diverse alla diversità dei gusti, e tale coronato da’ contemporanei, è oggi come il Marini ed il Trissino condannato e dimenticato. E non sempre il mondo e la posterità sono equi giudici per avventura come pare che