Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
285 |
la nostr’arte al profitto migliore della vita nostra, e avendo conosciuto che a ciò i letterati non giungono mercando oro e favore co’loro studi, vediamo se possono sperare utile migliore ove aspirino alla seconda specie di guadagno, che noi abbiam detto essere quello della gloria. E veramente o giovani, soave cura è quella con cui l’amore della gloria porge le merci più generose, e l’impazienza e vanità di questa passione è così mista di compiacenza secreta e di nobiltà, che quantunque sia forte la passione più feconda di false speranze, vive non pertanto più permanente di ogni altra nelle viscere umane, e cresce cogli anni, ed alimenta l’ingegno nel languore della vecchiezza, e lo ristora nella infermità delle forze, e lo anima ne pericoli, e lo consola della rapidità della vita e della certezza della povertà e della morte.
Ma qui si tratta se questa passione di fama giovi alla generosa e libera vita, e se la letteratura ove non cerchi che la sola riputazione possa rendere in alcun modo meno infelice colui che le consacra tutte le forze e tutti i pensieri. Al che mi pare di potere decisamente rispondere che questo guadagno della gloria non riesca a menomare nè di un atomo pure la nostra infelicità, e che anzi la fomenti in tal modo