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sono nè i più docili, nè i più giusti tra i cittadini d’una nazione; al letterato per conseguenza non rimarrebbe che di scrivere seguendo le passioni, le opinioni e i capricci di questi pochi; e però chi scrivendo ha per unica meta il danaro trascurerà l’utilità universale, e così perderà la fede pubblica, ed acquisterà nel tempo stesso servitù di cuore, di pensiero, e di vita.

Or la servità nuoce alla letteratura, il che ben vide Omero quando cantava nell’Odissea: Giove scema la metà del vigore e della virtù agli uomini nel giorno stesso ch’ei cominciano a menare vita servile. Nuoce anche alla umana felicità perchè non v’è nè più cara, nè più sacra, nè più necessaria cosa a’mortali quanto la libertà de’ moti del cuore, e la magnanima indipendenza della mente; e più nelle lettere. Alla perdita della libertà s’aggiunge quella del pudore che è il più nobile e mite freno degli animi nostri; e non può certamente esser lieto dell’arte sua chi per mezzo di essa acquistando da un lato danaro, perde dall’altro la stima dei suoi concittadini; ragionamenti da’ quali si è conchiuso, che chi studia per danaro non può riuscire buon letterato, e quand’anche pur vi riuscisse, non troverà la felicità alla quale aspirava. Or perchè da noi cercasi di rivolgere