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Questo non dico io se non per tenere avvertito chiunque crede che basta essere letterato per essere provveduto, dacchè nemmeno l’ottima volontà de’ migliori principi può mai opporsi al capriccio delle sorti del mondo, perchè o lusingando, o minacciando costringono sempre gli uomini a secondarle. Nè lo dico per insinuare in alcuno di voi l’ostentazione sdegnosa di rifiutare i premi del governo; insensata ed ipocrita ostentazione, smentita appunto dal costume di tutti questi sprezzatori de pubblici beneficii. Seneca stoico ricusava dopo essersi estremamente arricchito, i doni di Nerone; ma continuava ad accrescere con l’usura quest’oro stesso già da lungo tempo accettato dal suo crudele discepolo. S’hanno dunque si a procacciare que’ beneficii dal pubblico, ma non con arti servili, non con la prostituzione delle lettere, non come munificenza d’un uomo qualunque, bensì come guiderdone che il tesoro della nazione contribuisce a chiunque sa coll’ingegno e con la fama ammaestrarla e onorarla. Ma la speranza di questi guiderdoni essendo tarda, fuggitiva, ed in balia degli uomini e della fortuna, non deve mai essere tale da persuaderci di coltivare le lettere con l’unico scopo di procacciarsegli.