nere il vero e l’utile; e l’altro dell’eloquenza non l’abbiamo se non per comunicare con gli altri e procacciare ad essi diletto ed utilità. Ora il possedere poco e nulla questi doni è minor martirio che il possederli pienamente e non potersene giovare. A questa sventura s’aggiunge l’altra dell’infamia; perchè non solo a chi può dare ricchezze si deve tacere la verità che of fende, ma bensì dire, e sostenere e adornare la menzogna che gli piace. E gli uomini benchè per la maggior parte sieno incapaci a distinguere evidentemente il vero ed a palesarlo utilmente, non sono inetti a sentirlo e ad accoglierlo, che anzi tutti hanno nel cuore e nelI intelletto i germi e il desiderio del vero, e perciò solo il letterato che lo palesa e che lo rende certo e caro con l’eloquenza si procaccia la fede e l’amore degli uomini; ed il vero ha questa proprietà di riescire più splendido agli occhi mortali, quant’è più illuminato dal nostro ingegno. Per la stessa ragione il letterato che adonesta il vizio, e tenta di adornare la falsità, non può non essere per la natura stessa del vizio e del falso agevolmente convinto, e quindi tenuto a vile e come ingannatore, aborrito. Se dunque la ricchezza è da preferirsi alla stima e all’amore del genere uma-