sul nome di Labeone. Io non posso o giovani, pensare a Orazio senza maravigliarmi, come egli, in grazia delle virtù del suo stile, sia raccomandato nelle scuole, e nella letteratura si ciecamente, che non si veda quanto corrompa gli ingegni co’ vizi de’ suoi pensieri. Labeone di cui vi parlo fu celebre giureconsulto con temporaneo di Orazio, e la fama della sua scienza nelle leggi umane e divine sono ancora nei libri della romana legislazione; era senatore ed acerrimo partigiano della libertà, nè mai volle sacrificare alla possanza di Augusto; bensì stavasi tacito e obbediente col fatto al principe, ma adoratore della tomba della repubblica ch’egli aveva veduta gloriosa e possente, e quindi ritroso a tutti gli onori che Augusto vole va compartirgli per adescarlo e per avvilirlo. Solo una volta che nel senato fu chiesto a palesare la sua opinione, disse: poichè non posso liberamente tacere non devo indegnamente parlare, e parlò in sentenza contraria alla volontà dell’imperadore perch’ei la riputava più vantaggiosa allo stato. Ma quando si vede che Orazio volendo dare l’ultima pennellata alla pittura d’un pazzo solenne scrive insanior Labeone, e che nel tempo stesso si legge negli annali di Tacito sì bello elogio alla scienza e alla costanza di Labeone,