bertà di pensiero, dacchè la ricchezza aggiunge molto coraggio e toglie molte catene al mortale che la possiede. Ma tutte le cose devono primamente essere stimate sino ad un certo grado e non più; in secondo luogo devono essere stimate più o meno anche a norma dell’uso che se ne fa. Or quanto al grado di stima dovuto alla ricchezza, credo che si possa assegnarlo con precisione così: la ricchezza va stimata più di tutte quelle cose che ella può dare, e meno di quelle cose che ella non può dare. S’ella dunque per se non può darci nè la costanza, nè il valore, nè la saviezza, nè la compassione, nè l’ingegno, nè gl’incanti della bellezza, nè la delicata voluttà delle muse, nè l’amore schietto e soave, nè l’amicizia, nè il sacro amor della patria, nè tante altre di quelle virtù che spirano in viso un certo che di celeste alla misera e mortale natura dell’uomo, a queste virtù incomparabili la ricchezza deve essere fuori d’ogni dabbio posposta. Or diciaino anche dell’uso della ricchezza; quel verso Di tibi divitias dederunt artemque fruendi, è pieno di filosofia, e ci fa lampeggiare nella mente questa bellissima verità; che l’arte di godere di ogni bene della vita è l’anima unica del bene. Ma voi o giovani richiamate alla vo-