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cominciano una novella era letteraria. Dante perir vide le italiane repubbliche; e fremendo del cader loro, consacrò ne’ suoi versi la rimembranza della sua indignazione e del suo dolore. Boccaccio e Petrarca al contrario, sono vissuti a una novella epoca, sotto un nuovo governo, risultato della rivoluzione di cui il poeta della Divina Commedia era stato il testimone e la vittima.

Tra i rimarchevoli ed incogniti documenti, che l’autore d’una buona vita di Dante non dovrà punto negligere, noi citeremo la seguente lettera, che abbiamo scoverta nella Biblioteca Laurenziana1 e che qui riportiamo traducendola esattamente dall’originale testo latino conservando con diligenza l’ortografia non solo, ma la punteggiatura eziandio del manoscritto. Intorno all’anno 1316 gli amici del poeta ottennero del governo fiorentino il di lui richiamo e la reintegrazione a patto ch’ei farebbe onorevole ammenda nella cattedrale di Firenze, e chiederebbe perdono alla repubblica dopo aver pagato una certa somma di danaro. Ecco ciò ch’egli risponde ad uno ecclesiastico suo parente.

  1. Pluteo 29, cod. viii,p. 123.Fonte/commento: 460