Pagina:Opere scelte di Ugo Foscolo I.djvu/27

XXVI

dissimo. Assai per contrario studiavasi di piacere alle femmine; e per la fama e l’ingegno di lui, più che per la persona fu talvolta caro ad alcuna gentile. Molto si dilettava della compagnia de’ bambini, e forse troppo schivava quella de’ vecchi. Il più vivea romito: sempre poi quand’era preso da qualche pensiero melanconico, il che interveniva sovente. Non fu egli accattator di liti, ma provocato in cosa che importasse all’onore si diede in diversi incontri a conoscere per uomo da non potersi offendere senza pericolo1.

Fu il Foscolo assai bel parlatore: franco e

  1. * Vuolsi qui ricordare quanto egli scrisse intorno al proprio ingegno e carattere in una sua bella lettera inedita: eccone lo squarcio: — «Il mondo crede che io abbia ingegno e lo credo anch’io; ma si crede altresì, che io sappia più di quello che so. So poco: nella mia fanciullezza fui tardo, caparbio: infermo spesso per malinconia, e talvolta feroce ed insano per ira: fuggiva dalle scuole, e ruppi la testa a due maestri. Vidi appena un collegio e ne fui cacciato. Spuntò in me a sedici anni la volontà di studiare, ma ho dovuto studiare da me e navigar due volte in quel tempo dalla Grecia in Italia. Se i veneziani avessero fischiato il mio Tieste, com’ei si meritava, quand’io avea diciott’anni, non avrei forse più nè scritto nè letto. Da indi in qua ho amate le muse d’amore talvolta appassionato e nobile sempre, ma spesso anche freddo, infedele — Dacchè
    «Amor, dadi, destrier vïaggi e Marte
    m’invadeano la giovinezza più vigorosa. E se ho studiato e stampato fu più forza di natura che di costume.