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la sua patria, infligere lo stesso gastigo ai capi si de’ Ghibellini che de’ Guelfi. Ma quando i suoi concittadini l’ebbero colpito di bando e di nullità politica, quando si vide costretto a condurre di città in città povera ed aspra vita, a tollerare un nome infame per ingiusta sentenza e in balia dell’odio de’ vincitori, tutto svegliossi lo sdegno suo, e le colpe, i delitti che lo accerchiavano d’intorno, dipinti nel suo poema, giunsero a rimbombare nella posterità.

Questa satira politica raggiunto non avrebbe il suo scopo, nè avrebbe fatto veruna impressione sugli spiriti, ove mischiate non vi fossero idee di religione. Il clero, a malgrado dei suoi vizi e della sua ambizione, non era ancor riuscito a distruggere quella enorme possanza di che armossi la religione nell’età di mezzo. La più credula superstizione regnava tuttora: si attendeva la fine del mondo: da ogni parte nascevano nuove sette: al fervore della devozione univansi tutte le follie dell’ignoranza. Onde formarsi un’idea dello stato morale d’Europa, è d’uopo leggere il seguente racconto, che noi riportiamo letteralmente dello storico Leonardo Arretino, testimone, di questo strano avvenimento che ebbe luogo l’anno 1400, e di cui parecchi cronicisti italiani fanno menzione.