e bizzarri sistemi adottati da opposte accademie; le rivalità, gl’interessi politici, le credenze religiose, la superstizione, il timore, la vanità hanno gettato sulla storia letteraria d’Italia un denso oscuro velo che è assai malagevole sollevarlo alquanto. Questa antica terra di grandezza e di gloria è divenuta il paese del pregiudizio. Il valore delle espressioni usate da ciascun critico, dipende dal luogo della sua nascita, dal suo stato, da’ suoi costumi, dalle sue amicizie, dal governo sotto il quale è egli vissuto. Il difetto di libertà ha sparso nelle pubbliche abitudini una massa incredibile di ignoranza, di parzialità e di bassezza. La stretta giustizia, il severo e schietto apprezzamento degli uomini e delle cose sono al tutto spariti: si son fatte delle satire e de’panegirici, ma non si è giammai elevati a quella imparziale altezza di ragione, di che l’Alemagna e principalmente l’Inghilterra hanno fornito dei sì rimarchevoli esempli. D’altronde, in Italia, il numero delle persone che leggono è limitato alle stremo; son questi o gli amici, o i rivali, o i protetti del’autore. Come, per esempio il gesuita Tiraboschi, difensore nato della romani curia, avrebbe renduto giustizia a Dante di lei nemico? Era suo dovere il diffamarlo,