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co non vide se non di passaggio l’inferno; travide il paradiso; ma ci si fermò appunto nel purgatorio. In Ispagna, in Inghilterra all’epoca medesima occupavansi a fabbricare delle altre visioni tendenti al medesimo scopo; e Matteo Paris ci ha conservata quella di un prete inglese1 dove, del pari che nella Commedia di Dante, trovasi una scala di punizioni divine corrispondente a un’altra scala di peccati degli uomini.

Un’altra supposizione ammessa da Ginguené come una verità pressoché incontrastabile, si è che il Tesoretto poema di Brunetto Latini, maestro di Dante, offrì a quest’ultimo il piano e ela contestura della sua opera. Brunetto si perde difatti in un bosco, e Dante in una selva. Il primo rincontra Ovidio che gli fa di guida; gli è Virgilio che s’incarica di condurre il secondo. Già Federigo Ubaldini, che pubblicò il Tesoretto nel 1642, afferma che «Dante imitò il Latini». Fontanini e Cancellieri hanno ripetuto cotesta asserzione. Riguardo a noi che abbiamo avuto il coraggio di leggere il vecchio poema in questione, non possiamo scorgervi che una trista e fredda serie di lezioni morali in cattive rime e incastrate in un’allegoria

  1. Histor. Anglic. anno 1196.