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la religione non lusingasse le loro passioni, e non ridestasse nell’immaginazione simolacri non solamente divini, ma simili a quelle cose che sono care e necessarie ai mortali. Onde questa sorte di maraviglia chiude in sè stessa anche una certa passione diversa da quella di cui parleremo da poi.
II. Leggeri conoscitori dell’uomo sono quei retori che, disapprovando la favola e le fantasie soprannaturali, vorrebbero istillare ne’ popoli la filosofia de’ costumi per mezzo di una poesia ragionatrice, la quale si può usurpare bensì nella satira, ove l’acre malignità, cara all’umano orecchio, quando specialmente è condita dal ridicolo può talor dilettare1. Ma non diletterebbe un poema che proceda argomentando, e che non idoleggi le cose, ma le svolga e le narri. La favola degli antichi trae l’origine dalle cose fisiche e civili, che idoleggiate con allegorie formavano la teologia di