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zarono quel benevolo a compromettere, pure in vecchiaia, l’onor suo a’ discolpamenti1. Dante per lo contrario uno fu di quegli spiriti sublimi, a’ quali non giungono i dardi del ridicolo; e gli stessi colpi della malignità altro non fecero, che vie più sollevare la nativa sua dignità. Agli amici inspirava, meglio che commiserazione, rispetto; e a’ nimici timore ed odio, disprezzo non mai. La ira sua fu inesorabile: appo lui vendetta era non pure impeto di natura, ma debito2: e pregustò nella conscia mente quella tarda, ma certa ed in eterno duratura vendettta, che

Fe’ dolce l’ira sua nel suo segreto.—
     Taci e lascia volger gli anni:
Sì ch’io non posso dir se non che pianto
Giusto verrà di retro a’ vostri danni.


Altri potrebbe facilmente cavare il ritratto di lui da’ versi che seguono;

  Egli non ci diceva alcuna cosa;
Ma lasciavane gir, solo guardando,
A guisa di leon, quando si posa.

  1. Agostini, Scritt. Venez. vol. i, fac. 5.
  2. Che bell’onor s’acquista in far vendetta. Dante. Convit. — Vedi altisi, Inferno", cap. xxix, ver. 31, 36.