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confessione, nell’indigenza1, e come uom destinato a servire in corte, venne cumulando i doni de’ grandi, intanto che giunto a termine di poter cansare nuovi favori, fece allusione al primo stato con quel compiacimento inevitabile a quanti, o per caso, o per industria, o per merito, sfuggirono alla penuria ed alla umiliazione.

XV. Conformato ad amare, Petrarca di leggieri si traeva a fare il piacere altrui, ed agognava maggiore l’amicizia, che non suole consentirla l’amor proprio dell’uomo, e così scadde negli occhi, e fors’anche nel cuore delle persone, che più erano a lui devote. I disinganni, che per sì fatta cagione incontrò nella vita, spesso gli amareggiarono l’animo, e gli trassero dalla penna quella confessione: «che temeva coloro che amava»2. I nimici di lui sapendo, che come a sfogar l’ira, così e più ancora era pronto a dimenticare le ingiurie, si videro dall’indole sua, facile ad esser messa a leva, aperto un bel campo alle risa3, ed aiz-

  1. Honestis parentibus, fortuna (ut verum fatear) ad inopiam vergente, natus sum. Epist. ad Post.
  2. Senil. Lib. 13, Ep. 7.
  3. Indignantissimi animi, sed offensarum obliviosissimi — ira mihi persaepe nocuit, aliis nunquam. Epist. ad Post.