Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
170 |
momento, quello dell’umana vita1, e a proseguirlo saldamente secondo un preconcetto divisamento. I poetici ornamenti non ad altro ti paiono usati mai da Dante, se non a dar luce a’ suoi subbietti; nè mai consentì alla fantasia di violare quelle leggi, che prima aveva poste allo ingegno.
E più l’ingegno affreno ch’io non soglio,
Perchè non corra che virtù nol guidi. - Inf.
Più non mi lascia gire il fren dell’arte. - Purg.
Lo studio de’ classici, e la voga in che vennero le platoniche speculazioni, da esso Petrarca propugnato contra gli Aristotelici2 si accordò colla sua naturale inclinazione; e la sua mente fu informata dalle opere di Cicerone, di Seneca, e di s. Agostino3: Egli ne pigliò e la
- ↑ Dante, Convito.
- ↑ È questo il meschino argomento del suo trattato: De sui ipsius ei multorum ignorantia.
- ↑ Petrarca altamente ammirò, ed imitò talora servilmente lo stile dell’Arpinate, al quale indirisse due lettere fra quelle agli antichi più illustri. Scorgesi però da una di esse, che egli vedeva pure alcuna macchia nel suo sole, non di vero quanto è all’ingegno; onde trovò chi ne lo vinceva nell’ossequio a Cicerone. Su di che scrisse un’epistola piacevolissima, la quale con assai bel garbo di lingua fu di fresco voltata in italiano da Giacomo Milan di Vicenza. (Epist.