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IV. Quanto è al loro verseggiare, il Petrarca conseguì il piccolo fine dell’erotica poesia: che è di produrre un costante musicale trascorrimento di concenti inspirati dalla più dolce delle umane passioni; laddove l’armonia di Dante è meno melodiosa, ma è spesso il frutto di più efficace artificio.
Se io avessi le rime et aspre e chiocce,
Come si converrebbe al tristo buco,
Sovra il qual pontan tutte l’altre rocce,
Io premerei di mio concetto il suco
Più pienamente, ma perch’io non l’abbo,
Non senza tema a dicer mi conduco.
Chè non è impresa da pigliare a gabbo
Descriver fondo a tutto l’universo,
Nè da lingua che chiami mamma o babbo.
Ma quelle donne aiutino il mio verso,
Che aiutaro Anfione a chiuder Tebe,
Sì che dal fatto il dir non sia diverso.
Qui il poeta accenna ad evidenza, che il dar colore e forza alle idee col suono delle parole è uno de’ necessari requisiti dell’arte. I sei primi versi sono aspri per una successione di consonanti. Ma, allorchè descrive un sog-