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l’alloro.»1 «Leggilo, te ne scongiuro; il tuo genio si estolle fino al cielo e la gloria tua si estende oltre i limiti della terra: ma considera, essere Dante nostro concittadino; aver lui dimostro quanto la lingua nostra si puote; la vita sua essere stata sciagurata; lui avere impreso e sostenuto ogni cosa per la gloria; ed essere tuttavia perseguito dalla calunnia e dall’invidia fino dentro del suo sepolcro. Se tu lo lodi, onorerai lui, onorerai te stesso, onorerai l’Italia della quale se’ tu la gloria maggiore, e l’unica speranza».
II. Il Petrarca, nella sua risposta, mostrasi corrucciato «di poter essere creduto geloso della celebrità di un poeta, il cui sermone è ruvido, sebbene i concetti ne sieno sublimi». — «Tu devi tenerlo in venerazione, e portargli gratitudine, siccome alla prima face di tua educazione2, laddove io nol vidi mai, fuori d’una sola volta, dalla lunga, o a meglio dire mi fu additato, mentre io era ancor fanciullo. Fu esiliato lo stesso dì in compagnia del padre mio, il quale si sobbarcò alla sua disgra-