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     Così or quinci, or quindi rimirando
Vidi in una fiorita e verde piaggia
Gente, che d’amor givan ragionando.
     Ecco Dante, e Beatrice; ecco Selvaggia;
Ecco Cin da Pistoia; Guitton d’Arezzo. —
     Ecco i duo Guidi, che già furo in prezzo;
Onesto Bolognese; e i Siciliani.

Trion. d’Am. cap. 4.


Il Boccaccio, perdutosi d’animo per la fama di questi due sommi maestri, erasi proposto di ardere le sue poesie1; ma il Petrarca ne lo distolse, scrivendoli in tal’aria di umiltà, che non troppo si accorda col carattere di un uomo, il quale di sua natura non era ipocrita. «Tu se’ filosofo e cristiano, dic’egli, e pur sei mal contento di te stesso, perchè non se’ illustre poeta! Dacchè altri occupò il primo seggio, sii pago del secondo ed io mi piglierò il terzo».2 Il Boccaccio, accortosi dell’ironia e dell’allusione, mandò il poema di Dante al Petrarca, scongiurandolo «a non voler disdegnare di leggere l’opera d’un grand’uomo, dal capo del quale l’esilio e la morte, che lo rapì nel vigore della vita, avevano strappato

  1. Egli stesso chiamavasi:
    «Rampollo umil de’ dicitori antichi». Boc. Son. 68.
  2. Senil. Lib. 5. Ep. 2, et 3.