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chiavelli con quello del vocabolario Francese. Algarotti per primo imparò lo stile de’ Gesuiti pieno di maniere Francesi, come possiamo vedere nel suo saggio sulla lingua italiana. I Gesuiti poi non volendo imbastardire la lingua, e amando ad un tempo lo spirito di novità, la ornarono di mille inutili fioretti. Roberti ne porge esempio ne’ suoi scritti, e particolarmente nella sua lettera sul canto de’ pesci. Il professore Zola soleva chiamare Roberti un lumacone inargentato, che, dappertutto dove passa, lascia un argento falso. Parole tronche e caricate di ornamenti soverchi, e quel torno leccato di periodi, sono i suoi difetti principali.

Conosciuta la vanità de’ superflui ornamenti, si lasciarono, ritenendosi però ancora il vizio di troncare le parole; il che è assoluto errore, massime ne’ plurali. In fatti se ben si osservi la nostra lingua letteraria nella maggior parte, non vuolsi che troncare per assomigliarla e confonderla col dialetto plebeo.

Finalmente Cesarotti è comparso in una età, in cui questo barbarismo si detestava; ma per singolarizzarsi, e per sciogliersi dalla schiavitù dei cruscanti, si diede a favorire la lingua francese. In fatti se noi ci proviamo di tradurre, a cagion d’esempio, la sua storia d’Omero nella