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gue a rimare sonetti; nè l’ingegno eminente, nè la sublime poesia di que’ pochi che custodiscono la riputazione degli stati e dei principi basta per avventura a serbare inviolato il palladio della patria letteratura. Ah! vi sono pure in tutte le città d’Italia uomini prediletti dalla natura, educati dalla filosofia, d’incolpabile vita, e dolenti della corruzione e della venalità delle lettere; ma che, non osando affrontare l’insidie del volgo dei letterati e le minaccie della fortuna, vivono e gemono verecondi e remoti. O miei concittadini! quanto è scarsa la consolazione d’essere puro ed illuminato senza preservare la nostra patria dagl’ignoranti e dai vili! Amate palesemente e generosamente le lettere e la vostra nazione, e potrete alfine conoscervi tra di voi ed assumerete il coraggio della concordia; nè la fortuna nè la calunnia potranno opprimervi mai, quando la coscienza del sapere e dell’onestà v’arma del desiderio della vera ed utile fama. Osservate negli altri le passioni che voi sentite, dipingetele, destate la pietà che parla in voi stessi, quella unica virtù disinteressata negli uomini; abbellite la vostra lingua della evidenza, dell’energia e della luce delle vostre idee, amate la vostr’arte, e disprezzerete le leggi delle accademie grammaticali, ed arricchirete