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bili fatti alla fede delle venture generazioni? Forse la sola poesia e la magnificenza del panegirico potranno rimunerar degnamente il principe che vi dà leggi e milizia e compiacenza del nome italiano? Oh come all’esaltazioni con che Plinio secondo si studia di celebrare Traiano, oh come il saggio sorride! ma quando legge le poche sentenze di Tacito, adora la sublime anima di Traiano e giustifica quelle vittorie che assoggettarono i popoli all’impero del più magnanimo tra i successori di Cesare1. Quali passioni frattanto la nostra letteratura alimenta, quali opinioni governa nelle famiglie? Come influisce in quei cittadini collocati dalla fortuna tra l’idiota ed il letterato, tra la ragione di stato

  1. E che dirò io di quegli scrittori che senza celebrità letteraria, senza onore domestico, senza amore agli studi e alla patria s’ accostano a celebrare le glorie del principe? Infami in perpetuo, se la loro penna potesse almeno aspirare ad una infame immortalità! Ma vili ed ignoranti ad un tempo hanno per principio e fine d’ogni linea che scrivono, il prezzo della dedicatoria. Sapientemente Ottaviano che era in necessità di alimentale le lettere e di rispettare gl’ingegni, spediva decreti perchè gli scrittori d’ignobile fama non lo lodassero: Ingenia saeculi sui omnibus modis Augustus fovit. Recitantes et benigne et patienter audivit: nec tantum carmina et historias, sed et orationes et dialogos. Componi tamen aliquid de se, nisi et serio et a praestantissimis offendebatur; admonebatque praetores, ne paterentur nomen suum commissionibus obsole fieri. Sveton., lib. II, cap. 3.