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mini letterati, niun’arte mai, niun istituto di università o d’accademia, niuna munificenza di principe farà che le lettere non declinino, e che anzi non cadano nell’abbiezione ove tutte o in gran parte mancassero queste doti. O Italiani! qual popolo più di noi può lodarsi dei benefizi della natura? ma chi più di noi (nè dissimulerò ciò che sembrami vero quando l’occasione mi comanda di palesarlo), chi più di noi trascura o profonde que’ benefizi? A che vi querelate se i germi dell’italiano sapere sono coltivati dagli stranieri che ve gli usurpano1? meritamente ne colgono il frutto: la letteratura, che illumina il vero, fa sovente obbliare gli scopritori e lodare con gratitudine chiunque sa renderlo amabile a chi lo cerca. Pochi, è vero, in Italia levarono altissimo grido, non perchè soli filosofassero egregiamente, ma perchè egregiamente scrivevano le loro meditazioni, e perchè amando la loro patria, si emanciparono dall’ambizioso costume di dettare le scienze in latino, ed onorarono il materno idioma: quindi le opere del Machiavelli e di Galileo risplendono ancora tra i pochi

  1. Leggasi l’orazione inaugurale, Intorno ai debito di onorare i primi scopritori del Vero, di Vincenzo Monti che in questa cattedra (nell’università di Pavia) fu mio predecessore.