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Però chi tiene quest’arte e può compartirla per oro, come si usa da Gorgia Leontino e da Polo, è da stimarsi cittadino benefico e beatissimo tra’mortali. Ch’ei senza dubbio deve insegnare che questi facitori di ditirambi agguaglino Alceo, senza avere liberata la patria; e mentre pur vegliano all’altrui cena motteggiando piacevolmente, scrivano i cori d’Euripide nostro che avea sembiante verecondo e severo, e che nell’ilarità de’conviti ospitali cantava agli amici: Aborriamo coloro che celebrando motteggi fannno gli nomini più maligni1: anzi deve insegnare a’nuovi poeti, i quali si vanno insidiando con invidia mortale, ad emulare le tragedie di Sofocle; e pure Sofocle, benchè contendesse ad Euripide la corona, non però cessò d’onorarlo, e quando Euripide mori, egli comparve in veste lugubre, e pianse con tutta la città che quel nobile capo giacesse in tomba straniera, nè patì che gli attori a quei

là nell’atto stesso che pur favellava, insinuò quindi in coloro che il maneggio avevano della repubblica, quella libertà licenziosa e quella trascuranza dell’onesto e del convenevole, dalle quali poco dopo messi furono in iscompiglio tutti gli affari».

  1. Eliano, Varia istor. lib. VIII, c. 13. Eurip. in Melan. presso Ateneo, lib. XIX.