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prolusione ad un corso di geometria superiore. 253


Respingete da voi, o giovani, le malevole parole di coloro che a conforto della propria ignoranza o a sfogo d’irosi pregiudizi vi chiederanno con ironico sorriso a che giovino questi ed altri studi, e vi parleranno dell’impotenza pratica di quegli uomini che si consacrano esclusivamente al progresso di una scienza prediletta. Quand’anche la geometria non rendesse, come rende, immediati servigi alle arti belle, all’industria, alla meccanica, all’astronomia, alla fisica; quand’anche un’esperienza secolare non ci ammonisse che le più astratte teorie matematiche sortono in un tempo più o meno vicino applicazioni prima neppur sospettate; quand’anche non ci stesse innanzi al pensiero la storia di tanti illustri che senza mai desistere dal coltivare la scienza pura, furono i più efficaci promotori della presente civiltà — ancora io vi direi: questa scienza è degna che voi l’amiate; tante sono e così sublimi le sue bellezze ch’essa non può non esercitare sulle generose e intatte anime dei giovani un’alta influenza educativa, elevandole alla serena e inimitabile poesia della verità! I sapientissimi antichi non vollero mai scompagnata la filosofia, che allora era la scienza della vita, dallo studio della geometria, e Platone scriveva sul portico della sua accademia: Nessuno entri qui se non è geometra. Lungi dunque da voi questi apostoli delle tenebre; amate la verita e la luce, abbiate fede ne’ servigi che la scienza rende presto o tardi alla causa della civiltà e della libertà. Credete all’avvenire! questa è la religione del nostro secolo.

O giovani felici, cui fortuna concesse di assistere ne’ più begli anni della vita alla risurrezione della patria vostra, svegliatevi e sorgete a contemplare il novello sole che fiammeggia sull’orizzonte! Se la doppia tirannide dello sgherro austriaco e del livido gesuita vi teneva oziosi e imbelli, la libertà invece vi vuole operosi e vigili. Nelle armi e ne’ militari esercizi rinvigorite il corpo; negli studî severi e costanti spogliate ogni ruggine di servitù e alla luce della scienza imparate ad esser degni di libertà. Se la voce della patria vi chiama al campo, e voi accorrete, pugnate, trionfate o cadete, certi sempre di vincere: le battaglie della nostra indipendenza non si perdono più. Ma se le armi posano, tornate agli studî perocchè anche con questi servite e glorificate l’Italia. L’avvenir suo è nelle vostre mani; il valore de’ suoi prodi la strapperà tutta dalle ugne dello straniero, ma ella non durerebbe felice e signora di sè ove non la rendesse onoranda e temuta il senno de’ suoi cittadini. Ancora una volta dunque, o giovani, io vi dico: non la turpe inerzia che sfibra anima e corpo, ma i militari e li scientifici studi vi faranno ajutatori alla grandezza di questa nostra Italia, che sta per rientrare, al cospetto dell’attonita Europa, nel consorzio delle potenti e libere nazioni, con una sola capitale, Roma, con un solo re, Vittorio Emanuele, con un solo e massimo eroe, Garibaldi.

Bologna, novembre 1860.