Pagina:Opere inedite o rare di Alessandro Manzoni, volume III, 1887.djvu/155


lettera a antonio rosmini 145


Ma non basta: la privazione di ciò che un ente deve avere, è di varia sorte secondo la varietà degli enti. Ora gli enti finiti si dividono: in enti-principio, e in enti-termine. Gli enti-termine sono gli enti puramente materiali, ne’ quali non c’è niente di soggettivo, perchè non hanno nè sentimento, nė intelligenza, e perciò nè sentono nè intendono la privazione che cade in essi.

Ma all’incontro che cosa sono gli enti-principio? e come li distinguiamo dagli enti-termine, ossia dalla materia? Il carattere loro distintivo è quello del sentire (sia che sentano semplicemente, o sia che anche intendano). Di qui procede che la privazione che cade in essi, deve essere da essi stessi sentita, perchè tutto ciò che accade in una natura sensibile, è sentito per l’essenza della stessa natura, che consiste nel sentimento. Rimane dunque a vedere qual sia questa privazione propria degli esseri soggettivi ossia senzienti, la quale costituisce il dolore.

Questa privazione essendo, per la definizione, qualche cosa che manca all’essere senziente, acciocchè egli abbia conseguito compiutamente la sua natura, si domanda quando avvenga che l’essere senziente abbia attinta la natura che gli è propria, interamente? E si risponde che appunto perchè un tal ente è per essenza sentimento, allora egli è pienamente formato e naturato, quando il sentimento che lo costituisce, non trova ostacolo alcuno a spiegarsi in tutta quella estensione ed intensione, che gli è naturalmente propria. Ma vi hanno degli ostacoli, che talora gli impediscono questo spiegamento del suo atto sensitivo e sensibile, e allora egli lotta contra questi ostacoli e sta male fino che non ha superata la lotta.E poichè egli è essenzialmente sensibile come dicevamo, sente questa lotta, e indi tutte le varie specie di dolori.

Il dolore dunque si può definire in generale con una prima e provvisoria definizione, “quel sentimento che prova l’ente sensibile di non poter sentire tutto quello che dee sentire, e dello sforzo che fa di rimuovere da sè questi limiti posti al suo natural sentimento.„

E qui si presentano varie domande: la prima, onde nasca questa lotta? E la risposta è, che nasce da una legge ontologica, voglio dire comune a tutti gli enti, cioè da quel conato che ogni ente fa di conseguire, o mantenere, o reintegrare la sua propria forma, affine d’essere quello che deve essere nè più né meno, e questa è l’attività stessa, per la quale cose sono, l’atto e la forza prima, dell’esistenza.

La seconda domanda che si presenta è: qual sia la natura o forma propria di ciascun ente? — E si può rispondere che qualunque sia ce n’è una, che l’ente col primo suo atto tende a conseguire o a reintegrare, perchè l’ente rifugge ad essere