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136 | lettera a antonio rosmini |
c’è più nulla d’evidente. Volete negare che ci sieno de’ sentimenti dolorosi, come ci sono de’ sentimenti piacevoli?
P. Codesto, non vorrei nè negarlo, nè affermarlo, perchè sono termini ambigui, e non sono quelli della nostra questione. Sentimenti dolorosi può voler dire sentimenti accompagnati da dolore, che è tutt’altro che dolorosi, in quanto sentimenti. A uno scettico il quale vi domandasse se non ci sono delle cognizioni dubbie, rispondereste che la questione è se la cognizione medesima sia il dubbio. E la nostra è se il sentimento, come sentimento, possa essere dolore.
Qui verrebbe un esame d’alcune specie di dolori; e, prendendo occasione dall’essere la sete addotta in esempio dal Verri, si principierebbe da questa.
Mi direte voi, domanderebbe Terzo, che l’esser tormentato dalla sete non sia sentire? Che l’assetato non senta qualcosa che lo fa essere in quello stato speciale e doloroso?
P. Qualcosa sente, di certo; ma cosa sente per l’appunto?
T. Sente.... sente il bisogno di bere.
P. Sentire un bisogno? Che s’usi quest’espressione è un altro par di maniche; ma qui s’ha a cercare se si possa dire con proprietà, e significando il fatto com’è. Il bisogno in genere non è altro che una relazione, un concetto della mente; e non si sentono che le cose reali etc. Nel caso speciale, il bisogno è una relazione del soggetto col bere, sia l’acqua, per esempio; e per sentire questa relazione, bisognerebbe sentire i due termini, cioè quell’acqua medesima l’assenza della quale dal sentimento è la cagione del guaio. Qui si che ci sarebbe la contradizione.
T. Cosa sente dunque l’assetato? lo domando io a voi, che non avete potuto negare che qualcosa senta, in quanto assetato.