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mente; e i Capitani appresero vie meglio a ricoverarsi in quelle fortezze, che tra’ monti, fiumi e foreste delineò la stessa natura. Piacque a’ letterati la nitidezza del metodo, e nella immensità delle materie la brevità prodigiosa, lo stile non inculto, e non soverchiamente ornato, libero de’ vizii del secolo, e tanto eloquente di cose da negliger volentieri la splendidezza delle parole. Parve maravigliosa la erudizione sparsa per tutto il libro, la quale, raccogliendo in un prospetto la sperienza nuova ed antica delle bellicose nazioni, le lodi, i biasimi, le virtù, gli errori, i chiari fatti, gli illustri capitani, mai non degenera nel lusso, e mai non trapassa i limiti della opportunità.
Un uomo elevato di tanto intervallo sopra gli altri uomini del suo tempo, e della sua professione, doveva a un tratto eccitare e la ammirazione nel pubblico, e la invidia nella Corte33. Quella invidia, che Camillo e Scipione liberatori della lor patria, che il prode Xantippo, e il giusto Aristide trasse a tristo ed oscuro esiglio, quella stessa più volte intentò gravi ed acerbe molestie al liberatore dell’Imperio e della Cristianità. La invidia che prendendo colore di zelo, scusa sotto il titolo della sincerità la calunnia e la frode: che moltiplica le lodi, dove elle sono superflue e inopportune, per meglio riserbare alle opportunità i biasimi e le censure: che ammaestrata di tutte le vie sotterranee, per le quali si nuoce alla virtù, vegliante sempre con guardia gelosa al passaggio delle anticamere e de’ gabinetti