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a tutte ore insegnamenti, attitudini e pratiche, e se un perpetuo costume non le converta in natura; e più nella cavalleria composta di due forze fisiche e morali diverse, l’una del cavaliere, l’altra del cavallo, le quali non possono immedesimarsi senza un lungo abito reciproco, e senza lo studio e l’amore dell’uomo per l’animale che è quasi membro del soldato, e da cui dipende la sua gloria e la sua salute. Come mai un dragone esercitandosi oggi da fante e domani da cavaliere, potrà attendere alle infinite e minime cure senza le quali non vi sarà mai nè disciplina nè perfezione di cavalleria? come amerà egli un cavallo che d’ora in ora dovrà abbandonare? Aggiungi che la forza morale de’ combattenti deriva dalla fiducia, ragionevole o immaginaria, su propri mezzi di difesa o di offesa.

S’inculca a’ fanti il disprezzo della cavalleria nemica in guerra; e alla cavalleria il disprezzo de’ fanti; e ottimamente le ordinanze e gli ufficiali cercano di convalidare ne’ gregari questi pregiudizi: chi guerreggia con la mente non deve disprezzare il nemico mai, bensì chi combatte col braccio non deve stimarlo mai. Ma co’ dragoni, esercitandoli a piedi, si ragiona su l’impotenza della cavalleria; esercitandoli a cavallo, si ragiona su la poca resistenza delle fanterie: quindi non sono nè deliberati fanti, nè deliberati cavalieri. Videro gli uomini di guerra nelle ultime campagne contro l’Austria la poca utilità de’ reggimenti di dragoni che guerreggiarono a piedi; e forse derivò da più cause ch’altri può indagare, nè a me giova scriverle: