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tra le insidie ognora preste e veglianti: le stesse arme vittoriose, quando a soccorso della Repubblica Modonese, quando a servigio de’ signori Estensi ne’ tempi gravi e difficili: la memoria degli antichi meriti perpetuata nelle magnifiche ricompense degli onori e de’ privilegii: la lode presente di un padre chiarissimo per la virtù militare, di due zii, l’uno egregio capitano, l’altro sublime politico; tali furono gli oggetti che a Raimondo ancor fanciulletto si offerivano: tali gli eccitamenti che suscitarono in lui l’amor della gloria colla prima luce della ragione: tali le scintille, che scossero in lui ancor tenero quel genio magnanimo, che nella maturità tutta doveva empiere di terrore e di stupore l’Europa, rassicurare i Monarchi sui lor troni, e preservare la Cristianità dal giogo degli infedeli4.

Raimondo corse le migliori scuole d’Italia5 con somma lode d’ingegno e di diligenza; non differì di condursi alle bandiere di Cesare, dove lo affrettavano e la militar Gloria, ed Ernesto suo zio6. Quell’Ernesto Montecuccoli, che frenò gli Svedesi, quando il vittorioso lor impeto minacciava di eterno giogo l’Alemagna, e l’Impero; che mise all’estremo di lor salute gli Olandesi non debellati da un Farnese, da uno Spinola, e condotti da un Maurizio: quell’Ernesto, che avrebbe nella Italia onor pubblico di monumenti e di simulacri, se la Italia soverchiamente ammiratrice delle lodi straniere non fosse delle proprie spesso ignara, e sempre negligente.