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torioso nella Città, ne acquista le chiavi, per la porta dischiusa agevola l’ingresso agli assalitori, e la Città, che combatte al di fuori, interiormente, non avveggendosi, si rimane vinta ed espugnata. Raimondo le conquistate chiavi offre al Generale Tilli, e il vecchio Condottiero stupisce della impresa inopinatamente fornita; stupisce di un valore, del quale non è forse l’esempio, se non si cerchi o tra le splendide favole de’ Poeti, o tra’ rimoti fasti de’ Greci e de’ Romani. Egli il vincitore, l’espugnatore di una Città addita a’ circostanti Capitani, essi all’Esercito: pari egualmente è in tutti il plauso e la meraviglia, e l’universal plauso gli tien vece della corona murale e del trionfo. Così per tempo si manifestò nell’Eroe Modonese quella virtù tutta propria e particolare degli Uomini eccellenti, che moltiplica a misura degli ostacoli, e, quando nella opinione di tutti è spenta la speranza, trova per non avvertiti modi la via della salute, e della vittoria. Di questo carattere siccome furono tutte le posteriori imprese sue, così nemmen le prime ne erano dissimili, e la storia, che tanto ebbe di che spaziare negli anni suoi provetti e maturi, non affatto dimenticò i freschi e giovenili. E veramente non potevasi tacere, senza biasimo di colpevole negligenza, com’egli all’assalto di cinque Città ebbe la miglior parte del merito, e come, resistendo all’Esercito Kaiser- Lautern forte luogo dell’Alsazia, ei tolse ogni difficoltà, conducendovi cinquecento Corazzieri divenuti all’eccitamento ed esempio suo, ad onta della diversa milizia, e della grave armatura, fermi Fanti ed espediti. Né la storia, che annovera fra le celebri giornate quella di Wistoch, può dimenticare che, fidata al Montecuccoli la cura del Retroguardo, ei campò i fuggitivi da quella irreparabile rovina, che loro minacciava l’insuperbito Nimico, incalzando con continua battaglia. E il giovine Guerriero celebre nell’Esercito, presto il divenne a tutta la Europa, e presto ebbe fama di Capitano, quando ancor tale non si intitolava di nome. E veramente niun Capitano fu mai sì grande, che non se gli dovesse ascrivere a somma onorificenza tale impresa, siccome fu quella di Nemeslau,