Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/95


LIBRO PRIMO 87

loro cammino: arrogi che i Romani avevano così agio di trasportare entro le porte una maggior copia di vittuaglia. Conciossiachè i barbari ove da qui respinti s’accingessero a rintracciare altro ponte non sarebbonvi riusciti, giusta il parer suo, in meno di venti giorni, ed anche più grande sembravagli dover essere la perdita del tempo s’eglino fossersi dati a condurre nel Tevere tutto il navilio occorrente all’esercito per valicarlo. Il duce imperiale di questa guisa argomentando aveavi messo custodi, e i Gotti pernottaronvi da presso in continuo moto e nella persuasione che alla dimane si espugnerebbe la torre: disertarono intrattanto al campo loro ventidue barbari soldati romani e cavalieri della turma comandata da Innocenzo. Destossi con ciò in Belisario il pensiero di appressare il suo campo al fiume per essere meglio in istato d’impedire il passo al nemico, e per far mostra di quanto gli imperiali confidassero nel proprio coraggio. Se non che la guarnigione lasciata, come scrivea, alla custodia del ponte sbigottita dall’immenso numero de’ Gotti e trepidante al gravissimo pericolo, abbandonato di notte tempo il luogo diedesi alla fuga, e pensando che sarebbero per lei chiuse le porte di Roma pigliò furtivamente la via della Campania, indottavi o dalla tema di essere gastigata dal condottier supremo, o dalla vergogna di comparire innanzi ai suoi commilitoni.