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LIBRO PRIMO 79

città sull’opposto continente infuria un malo e fortissimo vento, allo imperversare del quale non vedi più uomo per istrada, tutti riparando nelle case; ed investe con tale e tanta foga da portare in aria cavaliere e cavallo, e raggiratovelo gran pezza l’uccide gittandolo abbasso ovunque attaglia al destino. Or dalle sue molestie non va privo affatto Benevento giacendo, come scrivea, di contro alla Dalmazia ed in luogo elevato. Questa città fu opera di Diomede, figlio di Tideo e discacciato da Argo dopo l’eccidio di Troia, il quale vi lasciò in ricordanza i denti del Cinghiale Caledonio, toccati in premio della caccia a Meleagro suo zio; e vi si conservano tuttavia all’età nostra, maraviglia a vedersi, essendone la circonferenza non minore di tre palmi. Si racconta inoltre che pur quivi Diomede venisse a colloquio con Enea di Anchise, e dessegli per comandamento dell’oracolo il simulacro di Pallade, che rapito avea in compagnia d’Ulisse allora quando ammendue entrarono esploratori in Troia, prima che se ne impadronissero i Greci. Ora è fama ch’egli infermatosi e consultato l’oracolo intorno al suo malore avessene risposta che disperasse della guarigione fino a tanto che non consegnerebbe ad uomo troiano quella statua, la quale ove sia al presente i Romani attestano di non sapere, nè altro posson mostrarne che il ritratto su d’una pietra intagliato, ed esistente pur ora nel tempio della Fortuna, rimpetto al simulacro di bronzo della Dea, che sta a cielo scoperto nel lato orientale del tempio. È quell’immagine lapidea ti s’appresenta con abito guerriero e con la sua lancia in resta come atteggiata di combattere. Ha veste