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60 | GUERRE GOTTICHE |
innovazioni riparava con precipitosa fuga a Ravenna; Vitige allora comanda al gottico Ottari di tenergli dietro senza posa volendolo o vivo o morto in sue mani. Il duce poi eletto all’uopo odiavalo assai, e vo a dirne la cagione: ambiva costui le nozze di certa pulzella ricca di ereditadi ed avvenentissima della persona, Teodato non di meno, aescato da offertogli danaro, ne lo privò e diedela in isposa ad altro pretendente; l’offeso adunque e per isfogare la passione dell’animo suo, e per obbedire a Vitige si pose volentierissimo e con tutto l’ardore a seguirne le peste, nè requiò di giorno o di notte infino a tanto che, aggiuntolo in su la via, non lo ebbe gittato a terra, ed a foggia di vittima così a rovescio com’era sgozzato. In questa funestissima guisa Teodato compiè sua vita dopo tre anni di regno.
III. Vitige entrato in Roma coi Gotti che avea seco riseppe a non dubitarne la fine di Teodato, e pigliatone grande contento fecene imprigionare il figliuolo, Teodegisclo; poscia vedendo la somma delle pubbliche faccende non ancora bene ordinata, giudicò miglior partito quello di trasferirsi prima di tutto a Ravenna per metterle in assetto avanti di cominciare la guerra: con questo intendimento raccolte le truppe iva loro dicendo: «Le grandi imprese, o commilitoni, sogliono condursi a felice termine co’ prudenti consigli, e non già col precipitosamente correr dietro alle occasioni, riuscito essendo il più delle volte utilissimo un opportuno temporeggiare; quando per lo contrario un operar veemente e fuor di senno carpì a molti la speranza di felici successi. Nè v’è a ridire che gli eserciti forti