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LIBRO QUARTO 579

vuoi de’ più celebri capitani. I suoi dalla ria fortuna messi orribilmente alle strette incoraggiavano per disperazione; i Romani, sebbene persuasi di aver che fare con disperati, resistevano sforzatamente loro sapendo vergogna il cedere ad armi inferiori; gli uni e altri assalivano intrepidi le genti nemiche da presso, andando questi in traccia di morte, queglino di gloriosa rinomanza. Cominciata del mattino la pugna, Teia visibilissimo a tutti, difeso dallo scudo, colla lancia in resta e con seco debol mano di armati fu il primo ad appresentarsi alla testa dello schieramento. I Romani aocchiatolo si persuasero che di subito avrebbe termine la contesa ov’egli cadesse spento; laonde quanti di essi avean cuore, ed alto erane il numero, tutti avventaronglisi contro, gli uni procacciando ferirlo d’asta, gli altri di freccia. Ma il duce arrossava il terreno di molto nemico sangue schermendosi collo scudo, e quando miravalo coperto di punte lo combiava tosto con altro approntatogli da suoi scudieri. Corsa nell’ostinatissimo conflitto la terza parte del giorno, ed inutile addivenutogli il riparo, carico di dodici dardi, a schermo della persona, chiama ad alta voce tale degli scudieri, non ritirandosi o divertendo il piede quanto è un dito traverso, nè dando agli assalitori mezzo di procedere oltre. Non voltossi tampoco, nè si fe’ sostegno dello scudo, ma fermo sulle piante, quasi uom conficcato nel suolo, apportava colla destra morte ad altrui, e colla sinistra riparavane i colpi, forte chiamando a nome lo scudiere, il quale giuntogli al fin da presso lo fornì di nuova difesa. In questa solo un attimo rimasegli sco-