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LIBRO QUARTO | 575 |
i vegnenti; fatta quindi battaglia e perdutavi la parte maggiore de’ militi fugge col resto nuovamente alle mura, ma chiusegli le porte ripara ad Acheronte dove rimane. Dopo breve tempo gli imperiali assediato Porto v’entrarono a patti; dell’egual modo s’ebbero nella Tuscia il castello detto Nepa e le munizioni di Petra Pertusa.
III. Teia poi giudicandosi meno forte di quanto voleavi per misurarsi da solo col romano esercito manda ambasceria e promessa di molto danaro al re de’ Franchi Teudeberto invitandolo a confederarsi seco nella presente guerra. Ma costoro studiosissimi, come io penso, de’ proprii vantaggi e di guerreggiare sciolti da ogni lega disdegnavano mettere a repentaglio la vita a pro de’ Romani o de’ Gotti, potendo eglino stessi conquistare l’Italia. Totila, come ho narrato, posto avea in serbo qualche parte del tesoro entro le mura di Ticino, il più tuttavia di esso era guardato in Cuma guernitissimo castello della Campania, il cui presidio obbediva a suo fratello e ad Erodiano. Narsete adunque fermo nel proposito di combattere quel forte invia truppe ad assediarlo, trattenendosi egli in Roma per ordinarvi la repubblica. Commette in pari tempo ad altri militi la espugnazione di Centumcelle. Teia pertanto nella tema non avvenissero sinistri alla cumana guernigione ed al tesoro, nè più sperando negli aiuti dei Franchi si partì colle sue genti quasi avesse in animo di far giornata col nemico. Ma Narsete, scoperto l’inganno, spediscegli contro nella Tuscia Giovanni nipote di Vitaliano e Filemut colle truppe loro, onde impeditogli, quivi stanziati, di procedere nella Campania, agevolassero la caduta di