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LIBRO QUARTO 565

glia, ebbero agio appena di ricondursi ai pedoni. Ora io non saprei chi più ammirare se le genti romane, o vero sia i loro barbari aiuti; conciossiachè in tutti fece bella mostra di sè la gagliardia dell’animo ed il gareggiante valore. Di già il sole era in sul tramonto quando ambe le fazioni ad una mossersi di luogo rinculando i Gotti, e procedendo i Romani per incalzarli da tergo: essendo che i primi ad assalire veggendosi malparati inetti ad una prolungata resistenza e sopraffatti dall’impeto nemico ritrassersi tosto indietro, e poscia a briglia sciolta diedero le spalle tutti maravigliati dell’immenso numero e della ottima ordinanza degli avversarj. Nè più volean sapere di nuovi cimenti, quasi paventassero aver che fare con ispettri, od essere dall’alto dei cieli combattuti. Raggiunta di più la schiera pedestre a molti doppj accrebbero lor mala sorte; imperciocchè non arrivativi ordinatamente, per quindi cogli animi rimessi dalla paura e tutti di conserto rinnovare la battaglia, o francarsi dai persecutori, o imprendere qual’altra si fosse guisa di pugna, ma con sì grande scompigliamento che parecchi vi caddero spenti dalla foga dei romani cavalieri, quella in luogo di accoglierli, aprendo sue file, e procurarne la salvezza, tennesi per poco rinserrata ed immobile nella ordinanza, pigliando poi tutti insiemiemente precipitosa fuga coll’adoprare in questa le armi, quasi schermatori al buio, contro sè stessi. Le romane truppe in cambio, colta l’opportunità dell’arrecato trambusto, facevano dispietati mordere il suolo a chiunque avvenivansi, mentre i barbari paventando volgere, non pur le armi, gli occhi stessi verso gli oppres-